giovedì 21 luglio 2011

Articolo de "L'Espresso" su "Fumus persecutionis"

Montecitorio, zona malfamata

di Susanna Turco
Oggi la Camera vota sull'arresto di Papa, ma gli onorevoli che senza immunità ora starebbero in cella sono una decina, da Cosentino ad Angelucci. Poi ci sono quelli condannati in appello, da Dell'Utri a Brancher
(20 luglio 2011)
Straordinari. Riunioni roventi. Migliaia di fogli. Alle Giunte per le autorizzazioni e le immunità di Camera e Senato è overbooking. Sedute notturne, ma anche alzatacce. Lunedì mattina, per dire, Pierluigi Castagnetti, che presiede la Giunta a Montecitorio, è stato buttato giù dal letto dall'arrivo di un plico alto così, con la seconda richiesta dei pm su Marco Milanese, del quale tre giorni prima da Napoli avevano già chiesto l'arresto.

"Se l'avessi saputo, quando ho accettato questo incarico a inizio legislatura...", sospirava l'ex popolare fumando il sigaro nel deserto di Montecitorio. Se l'avesse saputo: ma nessuno poteva immaginare che - in barba all'abolizione dell'immunità parlamentare - le Giunte che vagliano richieste di arresto e di utilizzo delle intercettazioni dei parlamentari avrebbero lavorato così tanto, come non accadeva dal lontano '93.

Sempre più nell'occhio del ciclone, fino a questo luglio rovente: agitati dal caso di Alfonso Papa, del quale i pm che indagano sulla P4 chiedono l'arresto; impegnati a leggere le carte che riguardano Denis Verdini, uomo-macchina del Pdl, il Gup dell'Aquila ha chiesto di utilizzare le intercettazioni sugli appalti per il G8; in attesa che la stessa richiesta arrivi da Palermo, dove sono state appena depositate le registrazioni sul ministro Saverio Romano e il senatore Carlo Vizzini, coinvolti nell'inchiesta su presunte tangenti pagate col denaro di Ciancimino.

Per non parlare del superlavoro procurato nei mesi scorsi dal Berlusconi sotto processo a Milano per il caso Ruby. Numeri da record, quanto alle richieste d'arresto: cinque alla Camera e quattro al Senato. Tra il '92 e il '94 furono 28, come ricorda Lanfranco Palazzolo nel suo "Fumus Persecutionis".

Il Parlamento di Tangentopoli rispose sempre no all'arresto, mentre nell'ultimo anno ben due senatori sono usciti (dimissionari) da palazzo Madama per entrare direttamente in galera: Nicola Di Girolamo del Pdl, accusato fra l'altro di riciclaggio e scambio elettorale, cui fu spiegato che se non avesse lasciato spontaneamente la carica sarebbero stati gli stessi senatori ad autorizzare l'arresto; poi l'ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro che, condannato a gennaio in via definitiva a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, si è andato a costituire. E se la settimana scorsa Carlo Vizzini si è autosospeso da presidente della Prima commissione del Senato e dagli incarichi nel Pdl, non pare intenzionato a lasciare il posto Romano, neoministro dell'Agricoltura, nonostante la richiesta di imputazione coatta per concorso esterno in associazione mafiosa appena avanzata dalla procura di Palermo.

Si è dimesso da sottosegretario (ma non da coordinatore campano del Pdl) Nicola Cosentino, ora sotto processo per concorso esterno in associazione camorristica e sotto inchiesta per la P3. Fu con lui che cominciò il lavoro grosso di Castagnetti: era il dicembre 2009, e Montecitorio rispose no all'arresto. Come aveva fatto poco prima per il deputato del Pd Francesco Margiotta (coinvolto nell'inchiesta sul petrolio in Basilicata, poi assolto), e come avrebbe fatto poi con il pidiellino Antonio Angelucci.

Il Senato, che ha "salvato" Vincenzo Nespoli (Pdl) dalla richiesta di custodia cautelare per concorso in bancarotta fraudolenta e riciclaggio, aspetta da mesi di votare (dopo una clamorosa spaccatura in Giunta) il sì o no all'arresto del democratico Alberto Tedesco, coinvolto nell'inchiesta sulla Sanità della procura di Bari.

Casi più o meno clamorosi che si vanno ad aggiungere a classici come Marcello Dell'Utri (sette anni in appello per concorso esterno in associazione mafiosa), Aldo Brancher (condannato
in appello a due anni per appropriazione indebita) e Luigi Grillo (in primo grado per aggiotaggio), a pezzi grossi sotto indagine da tempo come Pietro Lunardi (a Perugia, per corruzione), e ai coinvolti nell'inchiesta sulla P3 prossima alla chiusura (tra i quali figura anche il sottosegretario Giacomo Caliendo).

In attesa della prossima sventagliata, del resto, l'aria s'è fatta così pesante che nei corridoi non si esclude nulla, mentre la procura di Roma sfiora la fondazione Italianieuropei di Massimo D'Alema e quella di Napoli danza intorno a Giulio Tremonti.

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