giovedì 22 settembre 2011

La Camera respinge la richiesta di arresto dell'onorevole Milanese

Contro l'arresto di Marco Milanese hanno votato 312 deputati, a favore si sono espressi 305 deputati. Alla votazione hanno preso parte 617 deputati.

L'audizione dell'onorevole Milanese in Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati

Esame della domanda di autorizzazione all'esecuzione della custodia cautelare in carcere nei confronti del deputato Marco Mario Milanese (doc. IV, n. 20) (Seguito dell'esame e rinvio) ... 3

Giunta per le autorizzazioni - Resoconto di martedì 13 settembre 2011
Martedì 13 settembre 2011. - Presidenza del Presidente Pierluigi CASTAGNETTI.
La seduta comincia alle 13.30.
Comunicazioni del Presidente.
Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, per prima cosa, con riferimento alla competenza della Giunta di riferire all'Assemblea sulle domande in materia d'insindacabilità, ricorda che pendono presso la Giunta ancora diverse istanze: una concernente l'ex deputato Di Giandomenico, una l'ex deputato e oggi senatore Nespoli e una l'on. Berlusconi.
A tale riguardo, rammenta che in data 22 giugno 2011 avevo reso edotta la Giunta della requisitoria dell'Avvocato generale presso la Corte di giustizia dell'Unione europea del Lussemburgo nella causa C - 163/10 inerente a una delibera d'insindacabilità del Parlamento europeo in favore del deputato di elezione italiana Aldo Patriciello.
Aveva in tal sede riferito dell'opinione dell'Avvocato Jääskinen che si era pronunziato contro l'interpretazione estensiva della prerogativa. Orbene, in data 6 settembre 2011, è stata depositata la sentenza della Grande Sezione della Corte che ha accolto la questione pregiudiziale sollevata dal giudice italiano (nella specie, il tribunale di Isernia) e ha stabilito che le deliberazioni del Parlamento europeo non sono vincolanti per il giudice nazionale e che comunque l'insindacabilità parlamentare italiana (applicabile ai parlamentari europei d'elezione italiana in virtù degli articoli 9 e 10 del Protocollo sulle immunità comunitarie) non si può applicare se non nei casi di un nesso diretto ed evidente delle dichiarazioni contestate in giudizio con le funzioni parlamentari. Di questo nuovo elemento, che si aggiunge alla consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, la Giunta dovrà necessariamente tenere conto.
La Giunta prende atto.
ESAME DI UNA DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE AD ACTA
Esame della domanda di autorizzazione all'esecuzione della custodia cautelare in carcere nei confronti del deputato Marco Mario Milanese (doc. IV, n. 20).
Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, fa presente che - come preannunziato già dalla settimana scorsa - la documentazione integrativa richiesta alla procura di Napoli è pervenuta ed è rimasta a disposizione dei componenti sin dalle ore 15 di ieri. Ricorda, al riguardo, che nella seduta del 28 luglio 2011 era stato stabilito di chiedere all'ufficio inquirente la trasmissione dei seguenti atti: alcune parti del fascicolo n. 43725/09 RGNR (PM dott. V. Piscitelli) relative alla fase iniziale delle indagini sul Viscione, al fine di individuare persone che sentite, perché informate dei fatti dalla p.g. o dal PM, possano aver violato l'obbligo del segreto sulle indagini stesse; nonché la parte relativa ai sequestri dei beni del Viscione e delle sue società e dei relativi dissequestri;
le trascrizioni integrali delle intercettazioni telefoniche relative al Viscione dal 15 febbraio al 23 febbraio 2010;
il sonoro della registrazione del 22 febbraio 2011 tra Viscione e Sidoti.
La procura di Napoli, dando positivo riscontro a tale domanda, ha altresì trasmesso un'ulteriore perizia del consulente Luigi Mancini sui movimenti delle cassette di sicurezza e bancari del collega Milanese e l'interrogatorio del generale della Guardia di finanza Cosimo D'Arrigo. Nella mattinata di oggi, inoltre, il collega Milanese ha depositato copia di una denunzia per calunnia da lui sporta in data 12 settembre 2011 nei confronti del sig. Paolo Viscione. Di tale atto ha altresì consegnato diversi allegati. Del deposito di questa documentazione tutti i membri sono stati immediatamente informati. Nello specificare che tutti gli atti sono rimasti ovviamente a disposizione anche per tutta la mattinata di oggi, dà la parola al relatore e ricorda che l'esame dovrà concludersi necessariamente entro venerdì 16 settembre, anche perché la discussione in Assemblea è fissata per giovedì 22 settembre.
Fabio GAVA (PdL), relatore, poiché il collega Milanese è presente, si riserva di intervenire all'esito dell'audizione.
(Viene introdotto il deputato Marco Mario Milanese).
Marco Mario MILANESE (PdL) rappresenta che l'indagine a suo carico è caratterizzata da manifeste carenze e che la domanda di custodia in carcere manca di seri indizi e di esigenze cautelari. Premesso di non essere indagato nella parallela inchiesta sulla cosiddetta «P4», sottolinea di essere stato oggetto per tutta l'estate di una selvaggia campagna denigratoria sulla stampa, che ha massacrato lui e la sua famiglia. Vorrebbe che il processo fosse celebrato nelle sedi debite e che egli fosse soggetto a un normale giudizio: deve invece constatare che egli è stato già condannato sui mass-media. Crede che nella vicenda che lo riguarda abbia influito una faida interna alla Guardia di finanza, ciò che si può agevolmente dedurre dall'interrogatorio del generale D'Arrigo. Al riguardo, gli sembra curioso come il medesimo generale D'Arrigo non abbia sentito il bisogno di esprimere le sue perplessità e doglianze nel corso del suo mandato di comandante generale direttamente al ministro Tremonti, anziché ai magistrati inquirenti in epoca successiva alla cessazione dalla carica.
Rilevato che l'unico testimone d'accusa è Paolo Viscione, rimarca che nessun altro asserisce che egli abbia ottenuto compensi illeciti, né lo accusano i partecipanti al cosiddetto 'gruppo di Voghera', uno dei quali è peraltro il sindaco del PdL della medesima città. Con riguardo poi alla complessa vicenda immobiliare che ha visto costoro protagonisti, crede del tutto inverosimile che per ottenere una tangente da 100.000 euro egli avrebbe architettato una complessa triangolazione laddove invece, in altra situazione, per averne una da un milione di euro non avrebbe predisposto alcuna cautela.
Ritiene assai curioso che l'autorità giudiziaria creda alle versioni del Viscione, il quale si è visto persino restituire il patrimonio in precedenza sequestrato, solo quando accusa lui e non anche quando accusa altri parlamentari. Il fumus persecutionis potrebbe dedursi già da questo aspetto e dal fatto che Giovanni Sidoti ha sostanzialmente confermato che, in definitiva, egli non ha fatto nulla per aiutare Viscione.
In realtà, il Viscione è mosso da acrimonia per motivi politici, economici e personali. Quelli politici consistono nell'aver sperato di veder candidato sindaco di Cervinara il suo genero che avrebbe potuto curare sue interessenze immobiliari; quelli economici consistono nell'aiuto che sperava di ottenere per la vendita di una società assicuratrice; quelli personali consistono nell'essersi egli sottratto alle richieste di aiuto del Viscione nel contesto di un'inchiesta che ha sgominato la sua associazione per delinquere.
Preso atto che la Giunta non ha inteso consentirgli di accedere agli atti dell'inchiesta - decisione che non intende contestare - passa a esporre alcuni elementi di fatto. Secondo l'inchiesta, tre sarebbero gli aspetti principali di cui sarebbe responsabile. In primo luogo, la protezione e il favoreggiamento del Viscione tra il 2004 e il 2010; in secondo luogo, l'assegnazione di posti nei consigli d'amministrazione delle società partecipate dal MEF contro corrispettivi illeciti; da ultimo, rispetto a tali illeciti, vi sarebbero le esigenze cautelari stante il persistente rapporto con il ministro.
Crede tuttavia che vi siano manifeste contraddizioni negli atti dell'inchiesta e che l'autorità giudiziaria trascuri la natura palesemente menzognera delle dichiarazioni del Viscione; tutto ciò dovrebbe essere ben evidente agli inquirenti giacché costoro hanno visto le carte pervenute dalla procura di Benevento da vario tempo. In particolare, l'inattendibilità del Viscione deriva dal fatto che la pretesa 'soffiata' che egli gli avrebbe fatto sull'indagine a suo carico condotta dal dott. Ardituro è chiaramente inesatta, perché quel procedimento era stato condotto dal dottor D'Avino. Altra incongruenza è quella della pretesa testimonianza di Pasquale Lucci, la cui deposizione, però, non risulta agli atti.
Venendo poi alla contestazione relativa alla coincidenza temporale tra l'arresto di Viscione nel dicembre 2010 e il suo accesso alle cassette di sicurezza, egli sottolinea l'intrinseca contraddizione dei rilievi che gli vengono mossi. Invero, a suo avviso, delle due l'una: o egli aveva entrature tali nella Guardia di finanza da conoscere i dettagli delle inchieste su Viscione che gli avrebbero dovuto consentire di svuotare le cassette di sicurezza ben prima dell'arresto del Viscione stesso; oppure lui quelle entrature non le aveva e allora poteva apprendere dell'arresto solo dalla stampa e quindi dopo l'accesso alle cassette di sicurezza, giacché la notizia degli arresti di Viscione e dei suoi sodali fu data in una conferenza stampa del 14 dicembre alle ore 13.
Peraltro, è possibile che Paolo Viscione abbia appreso le notizie riservate sul suo conto dal contesto di conoscenze locali di Cervinara, paese di provenienza di Pasquale Lombardi, già coinvolto nella vicenda cosiddetta 'P3', il quale vanta conoscenze con numerosi magistrati, come anche risulta da un articolo pubblicato sul Secolo XIX, copia del quale ha oggi depositato.
Quanto poi ai regali che gli sarebbero stati pretesamente fatti, contesta le affermazioni che gli vengono addebitate così come espone chiarimenti in ordine all'acquisto della Ferrari. Circa il suo tenore di vita, si rifà alla perizia di parte oggi depositata che spiega come l'andamento delle sue spese sia in linea con i suoi cambiamenti reddituali. Peraltro, sottolinea che le sue disponibilità non vengono solo da redditi da lavoro ma anche dallo smobilizzo di cespiti. Evidenziato che Paolo Viscione mente anche sugli acquisti delle barche, rammenta alla Giunta di essersi dimesso da consigliere politico del ministro nel mese di giugno 2011 e che Manuela Bravi, la sua attuale compagna, si è anch'ella dimessa da capo ufficio stampa del ministro medesimo.
Giuseppe CONSOLO (FLpTP) chiede all'on. Milanese per quali ragioni, pur avendo egli affermato che la persecuzione mediatica nei suoi confronti ha avuto inizio il 6 luglio, abbia atteso il 12 settembre per sporgere denunzia per calunnia nei confronti del Viscione. Con riferimento poi all'acquisto dei biglietti aerei per New York, chiede chiarimenti in merito al fatto che gli stessi sarebbero stati acquistati presso un'agenzia di assicurazioni di Malta ed emessi da un'agenzia di viaggi di una città diversa da Roma, dove risiede.
Marilena SAMPERI (PD) gli domanda se abbia o meno presentato ricorso al riesame avverso l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti. Con riferimento poi alla vicenda in virtù della quale è venuto in possesso di orecchini particolarmente costosi da una gioielleria di Capri e di orologi di pregio dal gioielliere Laurenti di Roma, chiede all'on. Milanese se si sia trattato di una donazione oppure se, successivamente, egli abbia provveduto al pagamento di tali oggetti.
Pierluigi MANTINI (UdCpTP) in via preliminare chiede chiarimenti in merito al regime fiscale cui sarebbe stato sottoposto l'importo di 75 mila euro versato in suo favore dal ministro Tremonti, quale contributo per la disponibilità dell'appartamento sito in Via Campo Marzio. Gli domanda quindi di chiarire se abbia o meno ricevuto utilità - lecite o illecite - nell'esercizio delle funzioni di nomina di dirigenti in enti dipendenti dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Mario PEPE (Misto-R-A), con riferimento alle ragioni di ostilità per motivi economici, politici e personali del Viscione nei confronti dell'on. Milanese, lo invita a illustrare eventuali motivi di contrasto che fossero già sorti in passato. Lo invita quindi a precisare le ragioni per le quali fosse in possesso di numerose cassette di sicurezza.
Federico PALOMBA (IdV) gli chiede di fornire chiarimenti in merito all'obiettiva coincidenza temporale che si è verificata tra l'arresto del Viscione e l'apertura delle cassette di sicurezza nella sua disponibilità. Tenuto conto di quanto segnalato nella perizia trasmessa dal tribunale di Napoli, lo invita a fornire chiarimenti sull'importo che avrebbe percepito dal ministro Tremonti per la disponibilità della casa di via Campo Marzio, dal momento che la perizia del dott. Mancini evidenzia ovvie discrasie nelle giustificazioni previamente offerte dal collega Milanese. Presa visione delle dichiarazioni dei redditi consegnate alla Giunta, lo invita a chiarire le ragioni di guadagni tanto elevati, pur essendo l'on. Milanese un colonnello della Guardia di finanza in congedo e, infine, chiede spiegazioni in merito alla vicenda delle sterline di proprietà della ex moglie e che egli avrebbe utilizzato per l'acquisto di una casa.
Antonino LO PRESTI (FLpTP), con riferimento all'affermazione dell'on. Milanese, per la quale il Viscione avrebbe avuto motivi di risentimento personale nei suoi confronti per la mancata candidatura a sindaco del genero, gli chiede di fornire maggiori chiarimenti alla luce del fatto che la vicenda è sceverata in modo analitico dal giudice e, soprattutto, in considerazione del fatto che, se così fosse, ciò denoterebbe la presenza di un connubio illecito tra Milanese e il Viscione stesso.
Maurizio TURCO (PD) rileva come dall'audizione dell'on. Milanese sembrerebbe configurarsi un fumus persecutionis da parte, non del giudice, ma del Viscione. Chiede quindi all'on. Milanese di fornire indicazioni sugli elementi dai quali si potrebbe desumere analogo intento da parte del giudice procedente.
Donatella FERRANTI (PD), richiamando la domanda rivolta all'on. Milanese dal collega Turco, anch'ella lo invita a chiarire quali siano elementi volti a configurare un intento persecutorio del giudice procedente. Chiede poi, in relazione alla perizia contabile depositata dall'on. Milanese, come si possano giustificare i ripetuti versamenti in contanti che egli avrebbe effettuato tra il 2006 ed il 2011 sul proprio conto bancario. Da ultimo,
chiede di spiegare come mai gli accessi alle cassette di sicurezza di cui aveva la disponibilità a Roma, ripetuti e costanti sino al dicembre del 2010, si siano interrotti proprio il 14 dicembre 2010 - data nella quale, da elementi forniti dalla stampa, si è appresa l'emissione dell'ordine di arresto nei confronti del Viscione - e non siano più proseguiti.
Luca Rodolfo PAOLINI (LNP) chiede di fornire ulteriori informazioni in merito alla vicenda che ha riguardato la produzione agli inquirenti da parte del Viscione di un appunto che, ad avviso di quest'ultimo, sarebbe stato scritto dall'on. Milanese «di suo pugno».
Fabio GAVA (PdL), relatore, con riferimento all'asserito pagamento di spese di viaggio da parte del Viscione in favore dell'on. Milanese, chiede a quest'ultimo di chiarire se gli importi sostenuti siano stati o meno rimborsati, nonché di chiarire l'importo delle spese in questione che, agli atti, sembrerebbero decisamente superiori rispetto a quelle che si sostengono abitualmente per un viaggio.
Marco Mario MILANESE (PdL), rispondendo al deputato Consolo, precisa che il suo collegio difensivo gli ha suggerito di aspettare a sporgere la denuncia per calunnia che fossero disponibili tutti i documenti necessari. Quanto ai viaggi a New York, ricorda che ne programmò diversi nel periodo in cui si stava separando dalla moglie e che tuttavia li dovette rimandare varie volte. Finalmente poté partire nel periodo Natale-Capodanno 2009-2010 ma non volle prenotare con la sua carta di credito giacché la sua ex moglie avrebbe ricevuto copia del rendiconto. È per questo che chiese al Viscione di occuparsi della prenotazione. Il Viscione procedette e non volle essere immediatamente rimborsato, anche in virtù della gratitudine che voleva mostrargli per essersi egli adoperato per far operare la moglie del Viscione medesimo, nipote di sua madre. Intende però specificare che Alfonso Gallo, un imprenditore suo amico, da lui incaricato di portare a Viscione i suoi saluti e di chiedere chiarimenti in ordine a come egli poteva saldare il debito, gli riferì poi che era stato trattato in malo modo dal Viscione stesso.
Rispondendo poi alla deputata Samperi, spiega di non aver ancora presentato ricorso al tribunale del riesame e di non aver ricevuto regali con preziosi di sorta. Riguardo agli orecchini ceduti dal gioielliere di Capri, deve sottolineare la discrepanza sul prezzo: negli atti dell'inchiesta li si indica come di prezzo di 40.000 euro, mentre lui sa che ne costavano 13.000. Quanto poi agli orologi, chiarisce di averne effettivamente prelevati alcuni dal gioielliere romano Laurenti ma che intendeva pagarli. Era stato invece proprio il Viscione a bloccarlo, a motivo di un credito che lui vantava verso il Laurenti e dal quale poteva scomputare il valore degli oggetti prescelti. Comunque deve osservare come su tutta questa vicenda il pubblico ministero prenda le dichiarazioni del Viscione come oro colato.
Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, osserva che in tutti questi aneddoti sono assenti gli scontrini fiscali.
Marco Mario MILANESE (PdL), rivolto al collega Mantini, spiega di aver preso in locazione dal Pio Sodalizio dei Piceni un appartamento circa undici anni fa, anche nella speranza di poterlo riscattare in qualità di affittuario. Peraltro il canone locatizio mensile era piuttosto alto: egli, tuttavia, per i primi ventidue mesi non lo pagò giacché si era impegnato a svolgere dei lavori di ristrutturazione. Senonché, col passare del tempo, si accorse che in realtà l'appartamento non gli serviva giacché si era trasferito ad abitare con la dott.ssa Bravi. Inoltre, il ministro Tremonti gli aveva fatto presente di essere alla ricerca di un appoggio abitativo su Roma, ciò che lo indusse a offrirgli una soluzione con l'appartamento in questione.

Pierluigi MANTINI (UdCpTP), interrompendo, osserva come sia poco verosimile che il Ministro dell'economia e delle finanze trovi il tempo settimanalmente di incontrare personalmente il Milanese e di consegnargli 1000 euro in contanti.
Marco Mario MILANESE (PdL) precisa che, pur dando ancora adesso del 'lei' al ministro, al tempo della sua collaborazione lo vedeva molto di frequente e che quindi i dubbi del collega Mantini possono essere fugati. Precisa inoltre che i lavori cui si era impegnato col Pio Sodalizio dei Piceni si interruppero temporaneamente una volta raggiunto il valore di circa 51 mila euro: egli infatti attendeva che l'amministratore del sodalizio gli riducesse il canone che riconosceva essere troppo oneroso.
Federico PALOMBA (IdV) gli domanda chi abbia svolto quei lavori e se l'autore di essi sia stato remunerato.
Marco Mario MILANESE (PdL) risponde che l'impresa esecutrice della ristrutturazione era quella del sig. Angelo Proietti, noto per svolgere questo tipo di interventi sugli immobili degli enti ecclesiastici. Egli non lo retribuì proprio perché lo bloccò lo stesso amministratore del sodalizio, il quale gli fece presente che si sarebbe fatto un conto complessivo al termine dei lavori.
Federico PALOMBA (IdV), non comprendendo, chiede come mai non abbia pagato il sig. Proietti ma abbia ugualmente scomputato il relativo importo dai canoni locatizi.
Marco Mario MILANESE (PdL) chiarisce che nondimeno ha ordinato bonifici al sodalizio per circa 116 mila euro a oggi.
Rispondendo poi al collega Mario Pepe, precisa che Paolo Viscione è uomo dagli umori altalenanti, di tal che non è sempre possibile cogliere il momento d'origine dei suoi rancori. Egli poi dispone di quattro cassette di sicurezza, due a Milano e due a Roma, per il semplice motivo che quelle a Roma le ha aperte a seguito della separazione dalla moglie, con la quale aveva aperto quelle di Milano. Sottolineato che il direttore del Credito artigiano di Roma, filiale di via della Conciliazione, ha commesso un doppio errore nella deposizione agli inquirenti (poiché ha affermato che le sterline d'oro provenivano dall'eredità del padre e non del padre della moglie; e che egli aveva un conto corrente anche a via della Conciliazione e non soltanto nella filiale di via Marmorata), ricorda che al momento della notizia dell'arresto del Viscione costui era latitante. Il fatto che egli si sia recato ad aprire le cassette di sicurezza la mattina del 14 dicembre è una pura coincidenza.
Sempre rivolto al collega Palomba, chiarisce che, congedatosi col grado di colonnello dalla Guardia di Finanza, transitò nei ruoli civili dell'amministrazione finanziaria e assunse un incarico presso la Scuola superiore dell'economia. In tale ruolo, fu destinatario di alcune consulenze presso le società del gruppo delle Ferrovie dello Stato e di altre società partecipate dal MEF, con particolare riguardo alle problematiche della responsabilità penale e amministrativa degli enti di cui al decreto legislativo n. 231. Una volta eletto deputato nel 2008, lasciò tutti questi incarichi, mantenendo solo quello di consigliere politico del ministro.
Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, gli domanda se per tale ultimo compito egli fosse retribuito.
Marco Mario MILANESE (PdL) risponde negativamente. Precisa altresì di aver ridato le chiavi delle cassette di sicurezza di Milano alla ex moglie dopo l'estinzione del mutuo della casa sita nel capoluogo lombardo. Rivolto poi al collega Lo Presti, insiste che il fumus persecutionis a suo avviso si può ravvisare nelle carenze delle indagini. Per esempio, smentisce di poter essere considerato ricattabile in ragione della totale libertà di comportamento che lo stesso on. Cosentino gli riconobbe al momento della scelta del candidato sindaco di Cervinara.
Nino LO PRESTI (FLpTP) osserva tuttavia che il GIP argomenta in maniera estesa e persuasiva sulle ragioni per cui, nonostante il dissidio sulla candidatura alla carica di sindaco di Cervinara, il Viscione possa ritenersi pienamente attendibile.
Marco Mario MILANESE (PdL) ribadisce che Viscione può ritenersi smentito da Barbieri e Marchese, che al contrario dichiarano di non avergli mai dato danari.
Silvano MOFFA (PT) gli domanda per quale motivo il figlio di Paolo Viscione fosse ristretto in carcere.
Marco Mario MILANESE (PdL) risponde che si trattava di un'inchiesta per associazione a delinquere e che, nel complesso, il fumus persecutionis nei suoi confronti può ravvisarsi nella selezione a lui non favorevole operata dagli inquirenti sugli spunti investigativi. Considera infamante l'accusa di corruzione che gli viene rivolta anche perché ha giurato tre volte sulla Costituzione. Rivolto da ultimo alla collega Ferranti, non ricorda di aver incassato significative somme in contanti: si sarà forse trattato di modesti doni del padre.
Luca Rodolfo PAOLINI (LNP) gli chiede di smentire di aver mostrato intercettazioni telefoniche a Viscione.
Marco Mario MILANESE (PdL) smentisce non solo questa circostanza ma anche la paternità dell'appunto che Viscione sostiene che gli avrebbe consegnato.
(Il deputato Marco Mario Milanese si allontana dall'aula).
Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, propone una breve sospensione dei lavori, onde consentire nel prosieguo della seduta la discussione e le dichiarazioni di voto. La votazione finale si potrà avere domani mattina alle ore 9.15.
La Giunta concorda.

mercoledì 3 agosto 2011

Solo un orologio antico nella cassette di sicurezze dell'on. Milanese

Una era vuota mentre nell'altra c'erano vari oggetti personali, tra cui un orologio antico. Questo il contenuto delle cassette di sicurezza di Marco Milanese sequestrate e perquisite questa mattina dalla Digos di Milano nell'istituto Credito Artigiano di piazza San Fedele. L'avvocato Bruno Larosa, legale dell'esponente del Pdl, rende noto che "questa mattina si e' proceduto all'apertura di due delle cassette di sicurezza di Marco Milanese. Una e' risultata vuota, l'altra conteneva un orologio antico, un braccialetto della figlia, un orologio swatch di 20 anni fa e un certificato di garanzia per una fedina di brillantini da 1,48 carati datata maggio 2005".  Ieri la Camera aveva dato l'autorizzazione all'apertura delle cassette oltre che all'acquisizione dei tabulati dei cellulari del parlamentare ex consigliere di Tremonti.

Fumus persecutionis: l'intervento dell'onorevole Verdini alla Camera

Fumus persecutionis: l'intervento dell'on. Milanese in aula alla Camera

lunedì 1 agosto 2011

Fumus persecutionis presentato a Radio Radicale


Ospiti della puntata: Felice Belisario, Luigi Compagna e il sottoscritto. Presenta Giuseppe De Leo.

mercoledì 27 luglio 2011

TOP & FLOP, "Fumus" fa il picco

Un duetto che trascina Da Da Da 4.353.000 spettatori, 20,28% di share martedì 19 luglio, ore 20.43. Minuto picco: 5.855.000 spettatori, clip da «Speciale per me» del 2005, Melato e Arbore cantano «In cerca di te» (ore 21.20) Palazzolo e il voto La versione di Banfi 847.000 spettatori, 4,62% di share giovedì 21 luglio, ore 21.16. Minuto picco: 526.000 spettatori, Lanfranco Palazzolo spiega la rarità dell' appello al voto palese, che Banfi attribuisce a Internet (ore 23.01)

Pagina 43
(25 luglio 2011) - Corriere della Sera

giovedì 21 luglio 2011

Articolo de "L'Espresso" su "Fumus persecutionis"

Montecitorio, zona malfamata

di Susanna Turco
Oggi la Camera vota sull'arresto di Papa, ma gli onorevoli che senza immunità ora starebbero in cella sono una decina, da Cosentino ad Angelucci. Poi ci sono quelli condannati in appello, da Dell'Utri a Brancher
(20 luglio 2011)
Straordinari. Riunioni roventi. Migliaia di fogli. Alle Giunte per le autorizzazioni e le immunità di Camera e Senato è overbooking. Sedute notturne, ma anche alzatacce. Lunedì mattina, per dire, Pierluigi Castagnetti, che presiede la Giunta a Montecitorio, è stato buttato giù dal letto dall'arrivo di un plico alto così, con la seconda richiesta dei pm su Marco Milanese, del quale tre giorni prima da Napoli avevano già chiesto l'arresto.

"Se l'avessi saputo, quando ho accettato questo incarico a inizio legislatura...", sospirava l'ex popolare fumando il sigaro nel deserto di Montecitorio. Se l'avesse saputo: ma nessuno poteva immaginare che - in barba all'abolizione dell'immunità parlamentare - le Giunte che vagliano richieste di arresto e di utilizzo delle intercettazioni dei parlamentari avrebbero lavorato così tanto, come non accadeva dal lontano '93.

Sempre più nell'occhio del ciclone, fino a questo luglio rovente: agitati dal caso di Alfonso Papa, del quale i pm che indagano sulla P4 chiedono l'arresto; impegnati a leggere le carte che riguardano Denis Verdini, uomo-macchina del Pdl, il Gup dell'Aquila ha chiesto di utilizzare le intercettazioni sugli appalti per il G8; in attesa che la stessa richiesta arrivi da Palermo, dove sono state appena depositate le registrazioni sul ministro Saverio Romano e il senatore Carlo Vizzini, coinvolti nell'inchiesta su presunte tangenti pagate col denaro di Ciancimino.

Per non parlare del superlavoro procurato nei mesi scorsi dal Berlusconi sotto processo a Milano per il caso Ruby. Numeri da record, quanto alle richieste d'arresto: cinque alla Camera e quattro al Senato. Tra il '92 e il '94 furono 28, come ricorda Lanfranco Palazzolo nel suo "Fumus Persecutionis".

Il Parlamento di Tangentopoli rispose sempre no all'arresto, mentre nell'ultimo anno ben due senatori sono usciti (dimissionari) da palazzo Madama per entrare direttamente in galera: Nicola Di Girolamo del Pdl, accusato fra l'altro di riciclaggio e scambio elettorale, cui fu spiegato che se non avesse lasciato spontaneamente la carica sarebbero stati gli stessi senatori ad autorizzare l'arresto; poi l'ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro che, condannato a gennaio in via definitiva a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, si è andato a costituire. E se la settimana scorsa Carlo Vizzini si è autosospeso da presidente della Prima commissione del Senato e dagli incarichi nel Pdl, non pare intenzionato a lasciare il posto Romano, neoministro dell'Agricoltura, nonostante la richiesta di imputazione coatta per concorso esterno in associazione mafiosa appena avanzata dalla procura di Palermo.

Si è dimesso da sottosegretario (ma non da coordinatore campano del Pdl) Nicola Cosentino, ora sotto processo per concorso esterno in associazione camorristica e sotto inchiesta per la P3. Fu con lui che cominciò il lavoro grosso di Castagnetti: era il dicembre 2009, e Montecitorio rispose no all'arresto. Come aveva fatto poco prima per il deputato del Pd Francesco Margiotta (coinvolto nell'inchiesta sul petrolio in Basilicata, poi assolto), e come avrebbe fatto poi con il pidiellino Antonio Angelucci.

Il Senato, che ha "salvato" Vincenzo Nespoli (Pdl) dalla richiesta di custodia cautelare per concorso in bancarotta fraudolenta e riciclaggio, aspetta da mesi di votare (dopo una clamorosa spaccatura in Giunta) il sì o no all'arresto del democratico Alberto Tedesco, coinvolto nell'inchiesta sulla Sanità della procura di Bari.

Casi più o meno clamorosi che si vanno ad aggiungere a classici come Marcello Dell'Utri (sette anni in appello per concorso esterno in associazione mafiosa), Aldo Brancher (condannato
in appello a due anni per appropriazione indebita) e Luigi Grillo (in primo grado per aggiotaggio), a pezzi grossi sotto indagine da tempo come Pietro Lunardi (a Perugia, per corruzione), e ai coinvolti nell'inchiesta sulla P3 prossima alla chiusura (tra i quali figura anche il sottosegretario Giacomo Caliendo).

In attesa della prossima sventagliata, del resto, l'aria s'è fatta così pesante che nei corridoi non si esclude nulla, mentre la procura di Roma sfiora la fondazione Italianieuropei di Massimo D'Alema e quella di Napoli danza intorno a Giulio Tremonti.

"Fumus persecutionis" su Lettera 43

di Marianna Venturini

Il garantismo, questo sconosciuto. Dalla maggioranza spaccata sul voto del deputato Pdl Alfonso Papa si sono levate accuse contro Radicali e garantisti, colpevoli di aver tradito i loro principi votando a favore dell’arresto.
Il primo a lamentarsi è stato Silvio Berlusconi, che si è scagliato contro gli esponenti del partito di Pannella e, in particolare, contro l'ex radicale Benedetto Della Vedova, capogruppo di Futuro e libertà. Rei, secondo il premier, di un voltafaccia in piena regola.
GIANNI: «PAPA VITTIMA SACRIFICALE». Pippo Gianni del Partito dei Popolari per l'Italia è arrivato a definire Papa «vittima sacrificale di un sistema impazzito». E poi ha aggiunto: «Col voto sono stati aboliti il ragionevole dubbio e la presunzione di innocenza».
Non ha usato mezzi termini Andrea Marcenaro sul Foglio: «Possono stare per 40 anni senza nemmeno sfiorarlo, Caino, ma quando decidono se lo inculano vivo».
Insomma l’autorizzazione all’arresto ha acceso il dibattito sul comportamento di molti indefessi liberali che, fino al 20 luglio, hanno fatto del rispetto delle garanzie costituzionali il vessillo della propria azione politica.

La difesa radicale: contro Papa nessun fumus persecutionis

Accuse che sono state rispedite, con più o meno incisività, al mittente. Per Elisabetta Zamparutti, esponente radicale eletta nelle liste del Pd, nel caso di Papa si è trattato «di decidere se ci fosse o meno fumus persecutionis». E la deputata non ha avuto dubbi: «Non c’è nessuna persecuzione», ha detto, «da parte della, pur pessima, procura di Napoli».
CONTRO LE LEGGI AD PERSONAM. La difesa del parlamentare, ha rilanciato Zamparutti, è arrivata invece «da parte di chi, nel corso di questi tre anni di legislatura, non ha fatto altro che inasprire pene, introdurre nuovi reati e tentare di far approvare misure di garantismo». A patto però che «a essere garantito fosse innanzitutto uno». E sempre lo stesso.
C'è una sproporzione, dunque, secondo la deputata, tra la reazione scatenata da un singolo voto e l'atteggiamento complessivo della maggioranza. E il paragone con Caino, evocato da Il Foglio, è «una misera operazione che svilisce il senso nobile del garantismo».
Intanto Marco Beltrandi ha annunciato che una delegazione radicale andrà a trovare Papa a Poggioreale. «Credo che i radicali che ripetutamente visitano gli istituti penitenziari», ha spiegato, «troveranno presto un'occasione per poter fargli visita».

Della Vedova accusa il governo di «garantismo trasformista»

Stessa linea per Benedetto Della Vedova, capogruppo di Fli alla Camera che ha ribadito come il garantismo non significhi «avere un occhio di riguardo per i potenti o per gli imputati perbene». Per questo, secondo l'ex radicale, quello ostentato dalla maggioranza è un «garantismo trasformista». Ingiustificato, per di più, visto che «il fumus persecutionis, nel caso di Papa, non c’è».
Della Vedova è uscito dalle definizioni per passare al contrattacco. Mentre la vera battaglia ha come scopo «impedire che vengano condannati gli innocenti», ora il contraltare è rappresentato da un governo che «lavora per evitare che vengano condannati i colpevoli».
IN MANETTE PREVENTIVE 28 MILA DETENUTI. Papa o non Papa, il problema della carcerazione preventiva è ben più ampio e riguarda il 40% dei 70 mila detenuti italiani: «Più di uno su quattro sta aspettando di essere giudicato», ha ricordato Della Vedova. «La metà di loro sarà assolta e spero accada a Papa».
Il j'accuse del futurista è tutto rivolto a una maggioranza rea di aver «inventato reati, aggravanti e misure eccezionali, imbracciando la retorica securitaria».
Detto questo, il deputato ha ammesso che «la decisione su Papa non è stata presa a cuor leggero», ma allo stesso tempo «non era possibile fare altrimenti».
Insomma, il capogruppo di Fli è convinto che «la decisione della Camera non c’entri niente col garantismo» e «i senatori hanno commesso un errore madornale nel decidere di votare contro l’arresto di Alberto Tedesco».

Giachetti: «Serenità mescolata a una grande fatica umana»

Non sono mancate poi le confessioni che alcuni politici hanno affidato ai social network. Roberto Giachetti, per esempio, deputato del Pd con un passato da militante radicale, ha spiegato su Facebook il suo stato d’animo: «Vivo un doppio sentimento: di grande serenità per il mio sì all'arresto di Papa ma anche di grande fatica umana». «Non auguro a nessuno», ha aggiunto, «di doversi trovare a decidere spingendo un tasto sulla carcerazione di un'altra persona».
IL RISPETTO DELLA LEGGE. Parlando con Lettera43.it, Giachetti ha spiegato che «il vero garantismo è il rispetto della legge» e «il caso di Papa può far capire alla maggioranza il principio che la legge è uguale per tutti».
La sofferenza umana per il deputato si contrappone quindi al disastrato sistema della giustizia «che necessita di una riforma».
Per il parlamentare se da un lato deputati e senatori «vanno tutelati nell’esercizio della loro funzione», dall'altra va respinta l'idea che la casta salvi sempre se stessa.

Palazzolo: «Il voto segreto è espressione di garanzia»

La difesa dei garantisti ruota, in buona sostanza, tutta attorno all'assenza, nel caso di Papa, del cosiddetto fumus persecutionis.
Ne sa qualcosa Lanfranco Palazzolo che al tema ha dedicato un libro (Kaos edizioni) in cui ha ripercorso la storia delle autorizzazioni a procedere.
«Per i radicali il garantismo si è sempre tradotto nell’uguaglianza davanti alla legge», ha detto il giornalista. «Per questo Pannella si è sempre schierato per le autorizzazioni a procedere». In questa ottica rientra anche il voto del 20 luglio che «dimostra un atteggiamento coerente».
Eppure è dal 1984 che non veniva votato un provvedimento del genere, quasi a dimostrazione di come la politica chiusa in se stessa tendesse a preservare i suoi benefici.
LA COERENZA DI PANNELLA. «Pannella si è sempre battuto perché fosse concessa. L'ha fatto anche nel 1993, quando sotto accusa c'era Bettino Craxi», ha ricordato Palazzolo. Giudicare negativameente la condotta dei radicali è quindi «superficiale».
Bisogna poi considerare il contesto politico: «Se si fosse votato un anno fa è probabile che il risultato sarebbe stato diverso», ha aggiunto.
Anche il voto segreto, messo in discussione da alcuni esponenti berlusconiani, per Palazzolo rientra nel concetto di garanzia. Non è un caso che nel prevederlo l'ordinamento della Camera si richiami all’articolo 13 della Costituzione proprio sulla libertà dell’individuo.
Giovedì, 21 Luglio 2011

Luca Telese cita "Fumus Persecutionis" nella puntata del 20 luglio 2011

giovedì 14 luglio 2011

"Il Fatto" cita "Fumus persecutionis". Luca Telese intervista Santo Versace

Versace: "Ho letto le carte e mi sono anche consultato con dei magistrati di cui mi fido. Per Alfano questa deve essere la prova del nove, anzi, la cartina tornasole del nuovo corso". Mancato taglio ai costi della politica: "Una schifezza voluta soprattutto dalla maggioranza". “È il Fatto Quotidiano? Allora questa non deve essere un’intervista, ma una poesia. Ha trovato un deputato del Pdl che ha a cuore la legalità più di qualsiasi altra cosa”. Scherza Santo Versace, pidiellino (ex finiano) ma nemmeno tanto. Ha già fatto sapere, da tempo, che lui sull’autorizzazione a procedere per il suo collega Papa (di cui nel tardo pomeriggio discuterà l’ufficio di presidenza del Pdl per la prima volta presieduto da Alfano) non intende fare sconti a nessuno. Voterà a favore delle richieste dei giudici. E pensa anche che questo non debba essere un voto in dissenso dal gruppo: “Angelino Alfano ha detto che il Pdl deve diventare il partito degli onesti? Ebbene, questa è la prova del nove, anzi, la cartina di tornasole del nuovo corso. Se l’intenzione è questa, il voto su Papa deve essere il primo passo”.
Onorevole Versace, si sente bene?
Benissimo perché?
Perché lei conosce i precedenti. C’è un bellissimo libro della Kaos, “Fumus persecutionis”, che documenta tutte le volte in cui i parlamentari si sono autoassolti…
Ah, lo so, lo so. È un malcostume della politica a destra e a sinistra, una delle malattie di questo Paese.
Tranne in un caso, Montecitorio ha detto sempre di no.
Guardi, proprio per questo se si volesse dare un segnale, sarebbe l’occasione giusta. Ha qualcosa contro l’onorevole Papa?
Nulla. Ci siamo anche conosciuti, all’inizio della legislatura. Ma vorrei che si ribaltasse il costume per cui si vota secondo simpatia o appartenenza.
Che parametro ha scelto per prendere la sua posizione?
Le carte. Non solo me le sono lette, facendomi l’opinione che le accuse mosse dai magistrati abbiano un fondamento. Mi sono anche consultato con dei magistrati di cui mi fido.
Ecco, i soliti magistrati comunisti, adesso influenzano pure lei!
Macché, tutt’altro. Si tratta di persone molto vicine al Pdl, in questo caso, ma convinte che ci sia un malcostume trasversale nella politica, che va combattuto.
Ha visto come è andata a finire la battaglia contro i costi della politica? L’avete spostata alla prossima legislatura.
Non ho esitazione a dire che si tratta di una schifezza.
Voluta dalla sua maggioranza?
Voluta dalla maggioranza, con maggiore responsabilità, ma anche dall’opposizione, che cosa crede.
Lei non ha bisogno dei soldi dell’indennità?
Per nulla. Io spendo tutto quello che mi viene dalla politica per la politica.
Quando dichiarerà quest’anno, scusi?
Non ho ancora il conto definitivo, ma credo circa un milione e ottocentomila euro.
Salute.
Sono i dividendi della società. Ed è tutto merito di Donatella che ci sta amministrando con capacità straordinaria. Peccato che la maggior parte dei profitti vengano dall’estero.
Colpa del governo?
Sto cercando di essere serio. Qui i principali nemici sono la burocrazia e le tasse. È il sistema paese che non funziona. Lo sa che dei miei amici per aprire un oleificio hanno dovuto aspettare sei anni per le autorizzazioni?
Ma lei si ricandiderà a fine legislatura o no?
Guardi, io con la politica, come vede, non ci guadagno. Se lo faccio è perché spero di poter offrire qualcosa dopo quarant’anni di lavoro in questo paese.
Dove taglierebbe se potesse rubare il mestiere a Tremonti?
Ci sono 60 miliardi di capitali illeciti, e 45 miliardi di trasferimenti alle imprese. Ci sarebbero risorse per abbattere l’Irap, la più indecente delle tasse.
Lei un tempo aveva un ottimo rapporto con Fini, che l’ha voluto in lista.
Ce l’ho ancora. Lo stimo, è un ottimo leader. Ha fatto, a mio parere, un solo errore. Se fosse rimasto nel Pdl avrebbe un gruppo grande il doppio e potrebbe condizionare il governo
È stato sedotto da Alfano?
Mi è piaciuto ma lo aspetto al varco. La gente si aspetta dei fatti.
Lei dice che voterà a favore delle richieste dei magistrati. Ha paura delle eventuali proteste?
Ah, ah ah…
Prego?
Di chi?
Dei suoi elettori?
Sta scherzando? La gente del Pdl è incazzata nera per le troppe concessione ai partiti dei furbetti, alle cricche, a quelli che si fanno gli affaracci loro.
Quindi?
Quindi protesteranno con quelli che vogliono assolvere gli inquisiti, non certo il contrario.
Ne è sicuro?
Sicurissimo. Alle elezioni amministrative abbiamo avuto un segnale di avvertimento, quello di cambiare rotta. Poi Alfano ha preso un impegno. Adesso ai fatti devono seguire le parole.
Ma mica vorrà dirmi che spera in un voto favorevole alle richieste dei giudici da parte del Pdl, vero?
Favorevole non so.
Quindi?
La cosa di cui sono certo è che la posizione più corretta sarebbe quella di dare libertà di coscienza. Se Alfano arrivasse a questo passo potremmo liberarci dagli ordini di scuderia e fare un servizio al Paese.
E se le dicesse di no?
L’ho già detto: un’idea me la sono fatta. E non la cambio.

venerdì 8 luglio 2011

L'audizione di Alfonso Papa nella Giunta per le Autorizzazioni della Camera dei deputati

6 luglio 2011
Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, ricorda che nella scorsa seduta si è svolta la relazione del collega Sisto. Nella stessa giornata del 29 giugno il collega Papa ha depositato una nota nella quale ha chiesto di essere sottoposto ad audizione.
Si tratta evidentemente di una richiesta superflua, giacché, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, ultimo periodo, del Regolamento il deputato interessato alla deliberazione è sempre invitato a offrire i chiarimenti che ritenga opportuni. L'invito, per suo incarico, gli era stato mandato in vista delle sedute sia del 22 sia del 29 giugno scorsi. Lo stesso è accaduto per la seduta odierna. Poiché il collega Papa è presente, ne dispone l'audizione.
Alfonso PAPA (PdL) deposita una memoria al cui contenuto si rimette per intero e che intende tuttavia illustrare. Premesso che tale memoria dimostrerà, come egli confida, che egli è oggetto di una persecuzione giudiziaria e personale, afferma sin d'ora e con franchezza di essere vittima di un processo ordalico, frutto del sapiente connubio tra indagini giudiziarie capziose e illegittime divulgazioni di notizie. Non invoca in questa sede la difesa d'ufficio della sua posizione di parlamentare ma si propone ai colleghi della Giunta senza supponenza ma anzi con umiltà. Nella sua battaglia per la verità è pronto anche ad affrontare il carcere pur di ristabilire il suo onore di marito, di padre, di uomo, di magistrato e di cittadino.
Egli è entrato in magistratura a 23 e si è affiliato alla corrente di Unità per la Costituzione. Egli è stato subito assegnato alla procura della Repubblica di Napoli, a capo della quale era all'epoca Agostino Cordova, suo autorevole mentore e maestro. Tuttavia Cordova era oggetto di furiosi
attacchi, sia da parte degli avvocati del foro di Napoli, i quali giunsero addirittura a redigere un 'libro bianco' su di lui, sia da parte di quei magistrati che si autodefinivano i 'ghibellini'. Costoro si contrapponevano a Cordova e a lui, che si era schierato in sua difesa quale espressione di un gruppo definito dei 'guelfi'. In questo ambito si stagliavano le figure di due magistrati addetti alla procura di Napoli, i quali promossero una raccolta di firme contro il dottor Cordova: Luigi De Magistris e Francesco Curcio, oggi rispettivamente parlamentare europeo per l'Italia dei Valori e magistrato titolare dell'inchiesta che lo riguarda.
Tratteggiato questo panorama di fondo, sollecita la Giunta a considerare i protagonisti della complessa vicenda oggi all'attenzione del Parlamento: per un verso, le voci che lo accusano di comportamenti penalmente illeciti sono generalmente quelle di magistrati napoletani che hanno motivo di rancore nei suoi confronti; per altro verso, vi sono gravi anomalie nella formazione del fascicolo penale che contiene gli atti a suo carico.
Sotto il primo aspetto ricorda anzitutto il dottor Umberto Marconi, il quale ha rilasciato in passato interviste diffamatorie nei suoi confronti e con il quale in passato vi era stato un dissidio. Marconi, quale segretario nazionale di Unicost aveva infatti stigmatizzato pubblicamente la sua presa di servizio al ministero della giustizia nel 2001.
Altro magistrato che ha reso dichiarazioni a lui non favorevoli è Paolo Mancuso, il quale ha evidenti motivi di astio nei suoi confronti in ragione del fatto che il medesimo aveva un incarico al ministero della giustizia sotto il ministro Fassino, incarico che non fu confermato nel 2001 dal ministro Castelli, il quale anzi dette proprio a lui un posto apicale. Mancuso è oggi procuratore della Repubblica di Nola ed esponente storico di Magistratura Democratica, notoriamente schierato contro Agostino Cordova.
Menziona altresì il dottor Vincenzo Galgano, già procuratore generale presso la corte d'appello di Napoli, il quale aveva espresso sulla stampa quotidiana opinioni non lusinghiere su di lui anche a motivo dei passati screzi con Agostino Cordova.
Tra i magistrati che non possono dirsi sereni nei suoi confronti inserisce anche il procuratore della Repubblica Lepore, sostenuto alla carica di procuratore della Repubblica proprio da Galgano, il quale ha notoriamente rilasciato dichiarazioni alla stampa contro i presunti privilegi della 'casta' dei parlamentari.
Riportandosi ancora al testo della sua memoria e ricordando di aver subito un procedimento disciplinare per inoperosità (dal quale peraltro è stato assolto presso il CSM nel 2004), cita altresì il dottor Arcibaldo Miller, il quale era stato magistrato affidatario dell'uditorato sia suo sia del dottor Woodcock, altro titolare dell'inchiesta a suo carico. Su Woodcock non ritiene di doversi soffermare più di tanto, essendo notorie le vicende di cui è protagonista unitamente alle sue modalità operative: ricorda, in proposito, l'arresto del generale dei Carabinieri Orlando, di Vittorio Emanuele di Savoia e del fotografo Fabrizio Corona.
Quanto al secondo aspetto, che potrebbe indurre la Giunta a individuare il fumus persecutionis, osserva che il fascicolo d'indagine porta il n. 39306/07 RGNR: stranamente, tuttavia, tale fascicolo porta gli atti relativi a una denuncia di tale De Martino nei confronti di Luigi Bisignani, sporta ben tre anni dopo. Ritiene che la pretesa notizia di reato rappresentata dal De Martino avrebbe dovuto dar luogo a un nuovo fascicolo e non già essere inserita nel vecchio, quasi che questo fosse un contenitore utile a ogni scopo. Senza contare che il termine per le indagini preliminari rispetto alla prima notitia criminis è ampiamente scaduto.
Del resto, le modalità di conduzione dell'inchiesta, con l'audizione di un centinaio di persone, gran parte delle quali rivelatesi irrilevanti ai fini dell'inchiesta medesima, rivelano un accanimento assai significativo nei confronti delle presunte fonti informative. Cita, al riguardo, i modi con cui sono stati perquisiti ed escussi a sommarie informazioni l'agente immobiliare
Tricarico (i cui familiari hanno dovuto assistere agli atti di indagine a suo carico) e suo suocero, il quale è avanti con gli anni.
Rilevato che egli stesso è stato pedinato con insistenza e fotografato sia presso la sua abitazione sia presso il Parlamento, deve anche evidenziare che gli imprenditori che lo accusano sono tutti amici tra loro, in particolare tale Alfonso Gallo, che è legato all'ex deputato Alfredo Vito. Quanto poi al coindagato Enrico La Monica, deve osservare che questi è stato a lungo legato da una relazione sentimentale con un magistrato in forza alla procura di Napoli, la cui casa di vacanza era vicina a quella dei suoi suoceri, motivo semplice che può spiegare la conoscenza tra lui e il La Monica.
Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, fa presente che stanno per iniziare votazioni elettroniche in Assemblea. Deve pertanto congedare il collega Papa, chiedendogli di rimanere a disposizione per l'eventuale seguito dell'audizione, da tenersi al termine delle votazioni pomeridiane.
(Il deputato Alfonso Papa si allontana dall'aula).
Maurizio PANIZ (PdL) afferma di aver testé constatato che i contenuti dell'audizione del collega Papa sono già oggetto di lanci d'agenzia. A nome del suo gruppo stigmatizza il fatto.
Federico PALOMBA (IdV) non comprende a chi sia rivolta tale stigmatizzazione, giacché se il collega Paniz intende lanciare dei sospetti sui deputati dell'opposizione, egli sarà costretto a sospettare, a sua volta, di quelli di maggioranza.
Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, stigmatizzando anch'egli quanto accaduto, rileva come non sia possibile individuare chi abbia fornito le notizie alla stampa, visto che i componenti al completo sono stati presenti all'audizione e che il testo della memoria è stato consegnato all'inizio di essa. Sospende la seduta che riprenderà 15 minuti dopo il termine delle votazioni pomeridiane in Assemblea.
La seduta, sospesa alle 10,30, è ripresa alle 20,15.
Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, dispone il prosieguo dell'audizione del deputato Papa.
(Viene introdotto il deputato Alfonso Papa).
Alfonso PAPA (PdL) si sofferma sui capi di accusa. Quanto al capo C), precisa di non aver mai conosciuto Stefania Tucci, né mai parlato di vicende afferenti la stessa con il Bisignani. Singolare è peraltro il fatto che si sia dato acritico credito alle semplici dichiarazioni del Bisignani, il quale ha dichiarato di sapere già da prima di tale suo ipotetico colloquio con il Papa che pendeva un procedimento riguardante la signora Tucci, proprio a Napoli. E il riscontro alle dichiarazioni del Bisignani sarebbe poi rappresentato dalle dichiarazioni confermativa di tale Bondanini, che ammette di essere stato un collaboratore sia della Tucci che del Bignani. Aggiunge che come essi stessi dichiarano di aver sempre saputo che il ricordato procedimento vedeva coinvolti sia la Tucci, sia il Bondanini, sia il Bisignani. Altro particolare non irrilevante è che, pur volendo dare per buone tali ricostruzioni, dagli atti e dalle dichiarazione emerge chiaramente che i fatti contestati si sarebbero tutti svolti in Roma ed in una epoca anteriore al 2008.
Quanto al capo F), precisa che il Bisignani ed il Borgogni hanno dichiarato di essere amici. Egli ha visto Borgogni una sola volta ad una cena dal Bisignani e non ha mai parlato con questi di indagini o questioni giudiziarie. Borgogni, amico del Bisignani, dichiara di aver appreso dal Bisignani di un interessamento da parte sua e tale dichiarazione è stata confermata a tale Galbusera, parimenti legato al Bisignani, che afferma di averlo saputo da Borgogni. Ritiene si tratti di una tipica triangolazione ad opera di tre persone
legate tra loro da solidi rapporti, che è stata acriticamente recepita in assenza di alcun riscontro. Anche tali fatti, a prescindere dalla loro genuinità, si sarebbero tutti verificati a Roma, per espressa ammissione dei dichiaranti.
Il capo G) rappresenta a suo avviso una ripetizione dei fatti già contestati nel primo capo esaminato. Osserva che le dichiarazioni di Bondanini collaboratore del Bisignani, trovano riscontro nelle dichiarazioni rese dal Roberto Mazzei, amico, socio del Bisignani e da questi raccomandato, per sua stessa ammissione, al Poligrafico dello Stato. Si tratta, a suo avviso, di una triangolazione data per genuina e ancora una volta per fatti che gli stessi dichiaranti ammettono essersi svolti tutti in Roma.
Rileva che tutte tali dichiarazioni sono state rese solo dopo che il Bisignani cominciava a riferire dei pubblici ministeri e trovano riscontro solo in dichiarazioni confermative rese da persone in stretto e continuo contatto tra loro.
Sul capo M), osserva che il Chiorazzo è stato l'unico imprenditore che non ha dichiarato di essere stato sua 'vittima', ed è stato allora indagato per corruzione. Tale vicenda nasce da dichiarazioni rese da Maria Elena Valanzano, già sua assistente parlamentare, prima dei non eletti nel suo collegio elettorale e, per sua ammissione, legata sentimentalmente al Bisignani. Essa ha dichiarato di aver avuto una consulenza fittizia dal Chiorazzo, di mille euro lordi, di durata pari a sei mesi, avente ad oggetto relazioni istituzionali. La Valanzano ha ammesso di essere stata più volte presso la sede della società ma non dice che la consulenza è cessata in quanto, dal giugno 2010, essa aveva avuto un diverso incarico a Napoli presso la regione Campania; peraltro, ella ha ammesso di essersi già occupata di relazioni istituzionali con una società di suo riferimento. Della Valanzano sono state intercettate due telefonate in epoca successiva alle sue dichiarazioni. La Valanzano non dice di essere sempre stata retribuita, come risulta da fatture in suo possesso, per una somma superiore ai mille euro mensili. Quanto al Chiorazzo, ammesso che avesse procedimenti penali pendenti, a lui sconosciuti, ritiene che i pubblici ministeri abbiano fatto riferimento a presunti interventi avvenuti a Roma e quindi, anche in questo caso, i fatti vedrebbero la competenza per territorio a Roma o, al più, quella funzionale a Perugia.
Circa il capo N, espone che a suo avviso il Gallo dichiara falsamente di averlo conosciuto nel 2006, ciò che confida di poter smentire nelle opportune sedi. Offerti ulteriori ragguagli circa l'attività del La Monica a carico del Gallo e dei rapporti di costui con Bisignani, passa a esaminare le dichiarazioni del Fasolino, di cui al capo O): nel premettere che si riserva di querelarlo per calunnia in ragione della ritenuta falsità delle di lui dichiarazioni, ricorda che il Fasolino medesimo è socio del Gallo nella costruzione di una centrale elettrica nel beneventano ed asserisce di avergli dato 10.000 euro, senza peraltro precisare perché, dove e quando.
Circa il Matacena (capo Q), anche costui è persona indicata agli inquirenti dal Gallo ed è con questi in stretti rapporti. Il Matacena dichiara di aver offerto come unico frutto delle pretese estorsioni subite un conto all'Hotel de Russie di Roma. Precisa comunque di non aver mai frequentato il Matacena a Napoli.
Offerti poi ragguagli critici sui capi S) e T) dell'imputazione, ne trae la conclusione che non può non rilevarsi, ictu oculi e secondo un principio di buona fede, che l'intero procedimento sia frutto più che di un fumus, di un chiaro intento persecutorio, arricchito dal comportamento scorretto e interessato di alcuni coindagati e di persone a queste legate da interessi di varia natura e da una campagna di stampa sapientemente costruita per demonizzare e distruggere la sua immagine.
Federico PALOMBA (IdV) intende svolgere rilievi sulla programmazione del seguito dell'esame della domanda in titolo.
Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, prega quindi il deputato Papa di allontanarsi temporaneamente dall'aula.
(Il deputato Alfonso Papa si allontana dall'aula).
Federico PALOMBA (IdV), espresse sintetiche perplessità su come il collega Papa abbia infangato molti magistrati in servizio, intende comunque ascoltare le intenzioni dei colleghi in ordine al rispetto del termine dei trenta giorni che il Regolamento prescrive per la conclusione dell'esame delle domande di autorizzazione all'esecuzione di misure cautelari nei confronti di deputati.
Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, precisa che l'articolo 18, comma 1, del Regolamento definisce 'tassativo' il termine dei trenta giorni. Tanto ciò è vero che il medesimo articolo 18, in caso di inutile decorso di tale termine, assegna al Presidente della Camera il potere di individuare tra i componenti la Giunta un membro che possa riferire oralmente all'Assemblea. Propone pertanto che in via di massima l'audizione del deputato Papa si concluda questa sera e che la Giunta torni a riunirsi nella seduta di mercoledì 13 luglio alle 8,30 per poi, all'occorrenza, concludere l'esame nella ripresa della medesima seduta al termine delle votazioni antimeridiane in Assemblea.
Maurizio PANIZ (PdL) concorda in via di principio con la programmazione proposta dal Presidente.
Armando DIONISI (UdCpTP) concorda con il Presidente e invita la Giunta a rispettare il termine dei trenta giorni per non compromettere la propria credibilità.
(Viene reintrodotto il deputato Alfonso Papa).
Marilena SAMPERI (PD) gli domanda se abbia impugnato innanzi al tribunale del riesame la misura cautelare emanata dal GIP e per quale motivo disponesse di una pluralità di schede Sim intestate a persone ignare.
Armando DIONISI (UdCpTP) gli domanda come e quando abbia conosciuto Bisignani.
Luca Rodolfo PAOLINI (LNP) gli chiede quale idea si sia fatto della ragione per cui, in calce ai vari capi di imputazione, vi sia l'indicazione del luogo di accertamento dei reati e non già il locus commissi delicti.
Mario PEPE (Misto-R-A) chiede se tra i magistrati che conducono l'inchiesta vi siano quelli che a suo tempo avevano promosso la fronda nei confronti del procuratore Cordova. Chiede altresì se, in qualità di vicecapo di Gabinetto del Ministro Castelli, egli abbia preso cognizione di attività ispettive nei confronti del dott. Woodcock, sul cui operato esprime un giudizio molto critico. Da ultimo, chiede chiarimenti su chi abbia raccomandato Maria Elena Valanzano affinché costei fosse inserita nelle liste elettorali per la Camera dei deputati.
Donatella FERRANTI (PD) gli domanda per quale motivo la moglie di La Monica sia stata fermata all'aeroporto e le sia stata sequestrata la pen drive recante la sua rubrica.
Federico PALOMBA (IdV), fatto sommario riferimento alle contestazioni contenute nei capi di imputazione circa l'appartamento a Roma in via Capo le Case e alle notti trascorse all'Hotel de Russie di Roma, gli chiede come possa interpretarsi in chiave di persecuzione politica la vicenda interna agli uffici giudiziari di Napoli risalente a dodici anni fa. Del resto, considera nettamente distinta la posizione dei magistrati inquirenti da quella del GIP che ha emanato l'ordinanza custodiale nei suoi confronti. Domanda infine come si spieghi che Bisignani abbia affermato che riferiva al dott. Gianni Letta le cose che egli gli rivelava.
Alfonso PAPA (PdL), rispondendo alla deputata Ferranti, fa presente che la sua linea difensiva si è adeguata all'indirizzo giurisprudenziale per cui, quando la misura cautelare non è ancora eseguita, è possibile prima chiedere un accesso agli atti e poi depositare l'impugnazione. È ciò che egli si riserva di fare. Quanto alle schede telefoniche, deve respingere l'addebito nel senso che si tratta di un'attività investigativa anomala. È infatti certo che dal settembre al dicembre 2010 egli sia stato sottoposto a intercettazioni. Egli infatti non ha mai usato schede che non fossero nella sua piena disponibilità e sottolinea che l'attività investigativa si è svolta con insistenza su utenze di persone diverse nel presupposto, e quindi nella consapevolezza da parte della polizia giudiziaria, che fossero in uso a lui.
Quanto a Bisignani, che ha conosciuto intorno al 2002-2003, sottolinea che questi è stato ascoltato dagli inquirenti in ben nove circostanze, l'ultima delle quali il 13 giugno 2011, proprio due giorni prima che questi fosse sottoposto alla misura custodiale a domicilio. Ritiene la circostanza davvero curiosa, soprattutto in relazione alla genuinità di una deposizione svolta in un momento in cui gli inquirenti erano ben a conoscenza dell'imminente restrizione della persona escussa. Venendo poi alla domanda del deputato Paolini, rimarca come sia davvero anomala la tecnica dei magistrati inquirenti di indicare alla fine dei capi di imputazione non già il locus commissi delicti ma il luogo dell'accertamento del reato. Al riguardo, rammenta che la giurisprudenza della Corte di cassazione è consolidata nel senso che la competenza territoriale si può radicare con riferimento al luogo dell'accertamento dei reati solo nel caso in cui non sia possibile individuare il luogo di compimento del reato. Né gli sembra che dagli atti investigativi mancassero riscontri sul locus e tempus commissi delicti.
Rispondendo poi al deputato Mario Pepe, osserva che la vicenda che interessò il procuratore Cordova investì per tre anni l'intero ufficio di procura. Non intende quindi sostenere che vi sia oggi un fumus persecutionis a scoppio ritardato: certo è però che egli parteggiava per Cordova, mentre il dott. Curcio lo avversava, e questo elemento portò a contrapposizioni tra loro su vari aspetti del lavoro. Ricorda al riguardo la gestione dei fascicoli sugli omicidi del clan dei Casalesi, sulla TAV e sul libro bianco degli avvocati su Cordova stesso. Su tutti questi aspetti ci fu una netta spaccatura all'interno della magistratura napoletana tra le correnti di Unicost e Magistratura democratica. Queste tensioni si scaricavano anche su moduli di condotta e atteggiamenti interpersonali quotidiani. Gli strascichi di tutto ciò sono durati per anni, prova ne sia che ancora questo pomeriggio il capo dell'ufficio, il dott. Lepore, si è sentito abilitato a comunicare alla stampa che avrebbe valutato la possibilità di sporgere querela nei suoi confronti per le affermazioni fatte - peraltro nell'esercizio del suo diritto di difesa, in questo caso innanzi alla Giunta - nella parte dell'audizione svoltasi stamane.
Venendo poi alla posizione di Maria Elena Valanzano, ripete che costei è la prima dei non eletti nella lista per la Camera dei deputati-Campania 1 ed è stata sua collaboratrice parlamentare regolarmente retribuita con contratto registrato fino al 2010, anno in cui si è dimessa per assumere un incarico presso la Regione Campania. Peraltro deve sottolineare la circostanza curiosa che costei è stata intercettata per cinque mesi nonostante non fosse indagata. Egli sinora aveva ritenuto che la fattispecie delle intercettazioni indirette nei confronti dei parlamentari fosse quella in cui la persona interlocutrice del parlamentare sottoposta a controllo telefonico fosse quella indagata; in questo caso ha dovuto constatare la stranezza che invece la persona intercettata non era indagata affatto e che quindi, evidentemente, le intercettazioni erano mirate alle conversazioni che essa aveva con lui, spesso peraltro carenti di rilevanza penale. Per quanto riguarda il La Monica, lo aveva conosciuto in anni passati e attualmente ha cessato di frequentarlo.
Sa che ha contratto matrimonio con una donna straniera e che al momento si trova all'estero.
Per quanto concerne i suoi rapporti attuali con la procura di Napoli, deve far presente che non è mai stato ascoltato dagli inquirenti né costoro gli hanno consentito di depositare la nomina del suo difensore di fiducia, nonostante ripetuti tentativi in tal senso fin dal dicembre 2010. Ha allora domandato di conoscere, ai sensi dell'articolo 335 del codice di procedura penale, se fosse iscritto a registro ma non ha ottenuto riscontri. Solo nel marzo di quest'anno è riuscito nell'intento di depositare la nomina del difensore di fiducia. Fatto sommario riferimento a un articolo apparso sulla stampa quotidiana lo scorso 17 giugno, rappresenta di aver redatto degli esposti contro la procura di Napoli per le circostanze appena descritte e ha al riguardo reso due deposizioni innanzi all'autorità giudiziaria di Perugia.
Con riferimento poi alla pen drive sequestrata alla moglie di La Monica, premette di aver cambiato diverse volte il proprio telefono e quindi di servirsi di strumenti che gli consentano di trasferire i numeri da un apparecchio all'altro. Tuttavia, che la pen drive sequestrata sia proprio la sua è conclusione del tutto apodittica tratta dagli inquirenti. Il fatto che vi fosse sulla pen drive un numero contrassegnato dalla parola 'io' con accanto il suo numero potrebbe tutt'al più far pensare a un'attività di schedatura da parte del La Monica in suo danno.
Tiene a precisare che non ha mai fatto riferimento a faide interne alla corrente di Unicost ma soltanto a un'accentuata dialettica tra diverse correnti e all'interno dell'ufficio giudiziario di Napoli. All'on. Palomba intende rispondere quindi che è ben vero che il GIP è estraneo agli strascichi di quella vicenda ma è altrettanto vero che questi è un giudice dell'incartamento ed è pertanto influenzato dalla documentazione della pubblica accusa. Peraltro, è rimasto sorpreso da come non sia stato sufficientemente valorizzato l'insieme delle anomalie insite nelle modalità investigative cui poc'anzi ha fatto riferimento.
Espone altresì che, da quando aveva preso servizio in qualità di vicecapo di Gabinetto del Ministro della giustizia, era stato bersaglio di iniziative critiche di ogni tipo, oltre al procedimento disciplinare cui ha fatto riferimento questa mattina. In particolare, ricorda che i magistrati addetti all'ufficio legislativo nel 2001 si dimisero in massa per protesta nei suoi confronti; che i giudici Perduca e Vaudano fecero un esposto nei suoi confronti per pretese sue illegittime attività nella nomina del membro italiano dell'OLAF; e che analoghe critiche gli furono rivolte per quanto riguarda le fasi di competenza del Ministro circa la presenza italiana nell'OCSE. Peraltro, nel 2007 fu persino sospettato di essere la 'talpa' ministeriale di Pio Pompa, circostanza che Bisignani ha smentito. Da ultimo, era stato accusato di aver adoperato per scopi personali i dati contenuti nell'archivio ispettivo del Ministero ma anche quest'accusa è successivamente caduta.
Circa le rivelazioni di Bisignani a Gianni Letta, gli risulta che il dott. Letta le abbia smentite. Quanto poi ai pernottamenti in alberghi, si tratta di un favore che egli intendeva fare a una persona, con la quale peraltro non trascorse la notte, visto che si trattava della notte di Natale da lui passata a Napoli con i familiari e una quantità di ospiti. Il fatto che l'imprenditore Matacena abbia anticipato la relativa somma si spiega con la necessità di non farlo figurare come la persona che prenotava la stanza.
L'appartamento di via Capo le Case, inoltre, è il punto d'appoggio della sua famiglia a Roma, il relativo canone locatizio, di 1800 euro, è pagato da suo suocero, affermato avvocato di Napoli, il quale ha dovuto sopportare l'onta di una perquisizione svolta personalmente dal dott. Curcio.
Conclude le sue risposte ribadendo di non conoscere la dott.ssa Tucci.
Francesco Paolo SISTO (PdL), relatore, ripercorsi brevemente i contenuti della memoria depositata dal collega Papa, lo invita a corredarla di documentazione ulteriore
che ritiene necessaria per un maggiore approfondimento.
Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, premesso che l'audizione del deputato Papa, unitamente alla memoria depositata e alla successiva fase di contraddittorio testé svoltasi è stata più che esauriente, osserva che il ruolo di relatore è stato già assolto con l'esposizione svoltasi nella scorsa seduta. Propone pertanto di rinviare il seguito dell'esame a mercoledì 13 luglio alle 8,30.
Maurizio PANIZ (PdL) concorda, purché sia consentito a lui e al relatore di individuare, se strettamente necessario, dei punti di estrema importanza su cui eventualmente chiedere un supplemento di audizione.
(Il deputato Alfonso Papa si allontana dall'aula).
Donatella FERRANTI (PD) ritiene utile che la Giunta acquisisca gli atti del CSM del 2003 relativi al trasferimento per incompatibilità ambientale del dott. Cordova da Napoli.
Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, precisato che tali atti potranno rimanere a disposizione dei componenti che vorranno consultarli, rinvia quindi il seguito dell'esame secondo quanto testé concordato.
La seduta termina alle 22.40.

Luca Telese cita "Fumus persecutionis" "In onda" (Prima parte)

sabato 2 luglio 2011

Angelo Sciascia spiega cosa significa "Fumus persecutionis"

"Per alcuni, che non hanno studiato il Latino, in poche parole spiegherò cosa vuol dire la locuzione “Fumus Persecutionis”. E’ un'espressione giuridica, dove si vuol far intendere che la magistratura compia delle azioni atte a nuocere una persona, un ente o qualsiasi altra istituzione. Ultimamente tale locuzione viene spesso citata da alcuni uomini politici, perche’ convinti (ma sanno benissimo che non e’ così) che la Magistratura abusi delle proprie prerogative (arresti, perquisizioni e quant’altro) per danneggiare taluni. Ultimo caso in ordine cronologico la richiesta di arresto per l’On. Papa, ex Magistrato. L’On Sisto, relatore della Giunta per le autorizzazioni a procedere, pur di perdere tempo ha chiesto di acquisire le 16 mila pagine dell’inchiesta. Comprenderete bene tutti,( come direbbero a Napoli nisciuno è fesso), che lo stratagemma dell’On Sisto non puo’ avere seguito, occorrerebbero mesi per leggere tutte le carte, ed ecco che esce fuori il famigerato “Fumus Persecutionis”. Se l’On. Papa è innocente , deve dimostrarlo nelle sedi opportune, come un qualsiasi cittadino italiano, così come previsto dalla nostra Costituzione. Emerge poi, dalle dichiarazioni di alcuni componenti della Giunta , tranne quelli del PDL, che non vi e’ affatto alcuna persecuzione nella richiesta di arresto da parte del Gip di Napoli, molto scrupoloso nel motivare tale richiesta. Caro Onorevole Sisto, ormai gli Italiani hanno preso coscienza, si respira un’aria nuova, c’e’ una grande voglia di cambiamento, solo voi del PDL non ve ne siete accorti, o meglio fate finta di non accorgervene,ed ancor di più lo hanno compreso anche quelli della Lega che voteranno per l’arresto dell’On.Papa (Dichiarazioni di Bossi). Continuate a difendere l’indifendibile, ma ancor più grave non volete aiutare la Giustizia a far si che venga fuori la verità, anche a garanzia dell’On. Papa. Abbi rispetto per tutti quei magistrati che lavorano in sordina rischiando giornalmente la propria vita. Mi auguro, come tutti del resto, che l’On. Papa, il quale si dichiara sereno, possa dimostrare la sua estraneità a tutto ciò che gli viene contestato. Siamo e saremo sempre garantisti, così come saremo sempre dalla parte di quei magistrati che giornalmente vengono attaccati, a torto, da quella parte politica che in tre anni ha solo pensato a sistemare le vicende giudiziarie del Premier con vari Lodi e Leggi ad Personam".
Così in una nota il Presidente Movimento Nazionale Cristiano Liberale, Angelo Sciascia. 

martedì 28 giugno 2011

La richiesta di autorizzazione all'arresto per Alfonso Papa

La Giunta discute sull'arresto di Alfonso Papa

Domani mattina Francesco Paolo Sisto (Pdl) illustrera' la sua relazione in Giunta per le Autorizzazioni della Camera sul caso di Alfonso Papa: il deputato del Pdl coinvolto nell'inchiesta P4 per il quale il Gip di Napoli chiede l'autorizzazione all'arresto. Secondo quanto si apprende tra i berlusconiani, Papa chiedera' poi di essere ascoltato dalla Giunta nella seduta successiva di mercoledi' prossimo.

E solo dopo, l'organismo parlamentare presieduto da Pierluigi Castagnetti, potra' votare un 'si' o un 'no' all'arresto. Il terzo Polo, i cui vertici si sono riuniti nel pomeriggio a Montecitorio, ha deciso che votera' a favore della richiesta dei Pm e del Gip napoletani. "La politica non c'entra - precisa subito il finiano Nino Lo Presti - semplicemente leggendo con attenzione gli atti che ci sono stati trasmessi ci siamo resi conto che non esiste alcun fumus persecutionis e che la richiesta del Gip e' assolutamente motivata e circostanziata".

In piu', aggiunge Pierluigi Mantini (Udc), "e' concreto il timore di inquinamento delle prove". Se cosi' fosse, se cioe' il Terzo Polo e le opposizioni votassero 'si' all'arresto, in Giunta ci si ritroverebbe in 10 (5 Pd, 1 IDv, 2Udc, 2 FLI) contro 11 (7 Pdl, 1 Misto, 2 Lega, 1 IR). Sempre che la Lega voti compatta insieme al resto del centrodestra. Basterebbe, infatti, la sua assenza per far propendere l'ago della bilancia verso l'arresto.

Ovviamente il 'parere' della Giunta dovrebbe essere poi riconfermato dall'Aula e qui basterebbe che un gruppo con piu' di 30 deputati chieda di decidere con voto segreto perche' il caso si complichi ulteriormente. Nel Pdl, infatti, non sono pochi quelli che dichiarano, assolutamente "off the record", di essere pronti a votare contro il collega di partito, 'reo', a loro avviso, di averli non solo "tartassati" con richieste e "minacce" varie, ma anche di aver contribuito a "devastare" l'immagine del governo e del centrodestra.

"Noi - assicura Mario Pepe, entrato in Giunta grazie al fatto di aver aderito da poco al gruppo Misto (dopo essere stato in quello del Pdl e poi in quello dei 'Responsabili') - ci batteremo perche' il voto sia palese". Confermando cosi' che in effetti Papa, con il voto segreto, correrebbe dei rischi. Intanto, da giorni, il deputato-imputato chiede incontri e colloqui con tutti i componenti della Giunta e oggi e' stato visto, cosi' come nei giorni scorsi, a lungo colloquio con il legale del premier Niccolo' Ghedini.

Quest'ultimo, secondo quanto si apprende, gli avrebbe consigliato, anche nei giorni scorsi, di non intervenire in Giunta. E, invece, si conferma nel Pdl, Papa verra' ascoltato dall'organismo parlamentare mercoledi' prossimo. Cosi' come gli aveva suggerito, invece, Maurizio Paniz: altro esponente della Giunta che si e' visto in queste ore parlare a lungo con Papa.

venerdì 20 maggio 2011

Parlamentari intercettati, Consulta: "Serve sempre la richiesta della Camera"

Da "Il Giornale"
del 19 maggio 2011

Roma - Per usare intercettazioni telefoniche in cui sono coinvolti - anche "casualmente" - i parlamentari, il giudice dovrà sempre richiedere l’autorizzazione della Camera o del Senato (a seconda dell’appartenenza). La Corte Costituzionale ha infatti respinto per "manifesta inammissibilità" la questione di legittimità costituzionale sollevata dal gip del tribunale di Napoli nel procedimento che ha riguardato Clemente Mastella.
La decisione della Consulta Secondo il magistrato partenopeo, l’articolo 6 era incostituzionale: impugnato "stabilisce che il giudice deve chiedere alla Camera competente la relativa autorizzazione". Non solo. Nel ricorso alla Consulta, il gip "dubita della legittimità costituzionale della norma impugnata, nella parte in cui esige siffatta autorizzazione con riferimento ad intercettazioni occasionali, per le quali, anche alla luce della sentenza di questa Corte, essa non sarebbe giustificata, ed anzi sarebbe vietata, dalla Costituzione".
Il rischio del fumus persecutionis Di conseguenza, secondo il ricorso, "quest’ultima disposizione costituzionale avrebbe ad oggetto le sole intercettazioni disposte a carico del parlamentare o comunque finalizzate a captare le conversazioni di quest’ultimo, giacchè per esse soltanto si potrebbe palesare un fumus persecutionis da parte dell’Autorità giudiziaria, che spetta alla Camera apprezzare in sede di autorizzazione". Per il gip "sarebbero, inoltre, lesi l’articolo 3 della Costituzione, in ragione dell’ingiustificato privilegio attribuito ai membri del Parlamento, e gli articoli 102 e 104 della Costituzione, quanto all’indebita ingerenza che, per tale via, la Camera eserciterebbe sull’esercizio dell’attività giurisdizionale, con particolare riferimento alla 'utilizzabilità' di prove già acquisitè". Su questo punto, cioè quello delle prove, nel ricorso alla Corte si precisa che "le intercettazioni in oggetto, di cui è necessaria l’acquisizione, sono senza dubbio occasionali, poichè disposte sulle utenze di due indagati che non sono 'interlocutori abituali' del parlamentare, e poichè la stessa mole di conversazioni intercettate induce il concetto di 'occasionalità' della captazione".
Gli spiragli lasciati aperti La Corte Costituzionale, pur respingendo il ricorso, ha lasciato qualche spiraglio aperto, laddove ha invitato il giudice a motivare meglio la questione ("la carente motivazione sulla rilevanza determina la manifesta inammissibilità della questione"): "Ai fini della rilevanza della questione, il rimettente avrebbe dovuto motivare adeguatamente in ordine alla natura casuale delle intercettazioni oggetto, nel caso di specie, di istanza di utilizzazione da parte del pubblico ministero". Quindi, "sotto tale profilo, l’ordinanza di rimessione risulta carente, in particolare poichè manca di precisare con la necessaria univocità quando il parlamentare sia divenuto indagato, in rapporto all’epoca in cui fu captato, o comunque quando siano emersi indizi di reità a suo carico, al fine di escludere poi, con altrettanta esaustività, che l’intercettazione delle utenze dei terzi, anche alla luce della durata di esse, sia divenuta uno strumento impiegato dall’Autorità giudiziaria al fine di acquisire elementi di prova a carico del membro del Parlamento". E, "infatti n tale ultimo caso l’intercettazione non potrebbe ritenersi casuale". Insomma, la Consulta ha ricordato nella propria ordinanza che un’analoga richiesta "con le medesime carenze di motivazione, è già stata dichiarata inammissibile da questa Corte".